sabato 28 febbraio 2015

Sul lavoro del poeta e sulla ricerca di un aggettivo per i ragazzi atletici dal torso peloso

Chi non ne è dentro non può capire che significhi comporre alta letteratura!

Sì, è difficile.

Siamo già alla nona versione, contando solo le correzioni in cartaceo, del poemetto iniziato due settimane fa, De melanchōliæ remēdiis. A ogni versione emergono nuovi, numerosi, brulicosi problemi eufonici, lessicali, stilistici, etici ecc.

Versi che parevano definitivamente fissati si svelano ancora fluidissimi sotto la crosta. Intanto dai 42 della prima versione siamo arrivati ai 154 di adesso, e per fortuna almeno quanto a lunghezza ci siamo stabilizzati. In questa intelaiatura pergolesiosa di endecasillabi a minore per lo più rolliani e dattilici c’è tutto quello che doveva esserci. La sinfonia ha la sua architettura, la sua sostanza, la sua coerenza...

[Nota futura: tra il 14 e il 16 marzo i versi saliranno a 200; il 19 marzo saliranno a 222, e così via; l'8 aprile a 250, e sarà la quarantaseiesima versione. Butterò infine tutto, ritenendolo roba impubblicabile.]

Per il resto, neuroni a andar sù e giù come operai sulle impalcature, è un tormento continuo, e insieme una esaltazione fibrillante, che m’agita e vivifica lunghe ore, lungo il giorno intero e da un giorno all’altro, tra ansia di finire e godimento di attività infinita.

Poc’anzi, per dirn’una, dopo una selva di tentativi di soluzione qual più dianoico qual più noetico, m’è fiorito sul foglio un neologismo da brivido, lutrìneo, cioè relativo alle lontre*, utile a descrivere i torsi pelosi dei ragazzi di corporatura atletica o astenica. Parola che sa un po’ di lurco, un po’ di tricotico e un po’ di apollineo. ursino non sarebbe andato bene, ché val solo per chi ha corporatura picnica.*

In tutto ciò non posso fare a meno di pensare a tutti quei giovani e men giovani poeti, lutrìnei o latrìnei che siano, che buttano giù una versione sola e non la correggono neanche mezza volta!, devoti al feticcio di non so qual «libertà», semantica vuotaggine di cui tanti si empiono la bocca e i gabbianeschi cuori. Ma come si fa, come si fa?

Con che coraggio vengon poi a domandarmi, uno al mese, che cosa io pensi della loro arte?

È poi così difficile capire quanto sia rara la perfezione a prima botta, e che essa può riguardare magari un verso, al limite una strofa, ma quasi mai una poesia intera, e men che mai un intero libro?

Sì, è difficile.

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